CassaColf – Lo Stereotipo Che Ti Serve

Vi scrivo oggi per parlarvi di uno spot gentilmente segnalatomi su Twitter da Ray Blue, che ringrazio. L’ambito generale è quello dei servizi, con specificità legata al lavoro domestico. Vediamo la pubblicità di CassaColf.

Visto? Parliamone.


Per chi non lo sapesse, CassaColf è uno strumento che si occupa di fornire servizi e informazioni socio-sanitari, assistenziali e assicurativi a datori e datrici di lavoro e collaboratori e collaboratrici familiari. Lo spot che avete appena visto intende pubblicizzare le prestazioni messe a disposizione dall’ente (indennità, assistenza, supporto psicologico e rimborsi per spesa alimentare) per lavoratori e lavoratrici domestici. Fin qui tutto bene, naturalmente. Più che bene, anzi. Quello che non va bene sono sicura che l’avete già intuito senza fatica.

Sebbene il titolo del video, pubblicato sul canale YouTube di Associazione Domina (uno degli enti sottoscriventi del Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro Domestico che ha dato vita a CassaColf) sia, quasi ironicamente, “Sei un lavoratore domestico?”, la pubblicità scarta immediatamente il maschile per optare per il solo femminile. Non essendo presente un’altra versione dello spot (volta al maschile e che potrebbe giustificare l’esistenza di questa a fronte di un desiderio di parlare in modo più diretto a ciascuna categoria), il risultato è una narrazione che si rivolge in modo esclusivo alle persone di sesso femminile, alle lavoratrici domestiche. Inutile girarci intorno o provare ad arrampicarsi sugli specchi: nessun uomo può sentirsi chiamato in causa dalla domanda “sei una lavoratrice domestica?”. È una domanda con un target sessuale estremamente specifico, rinforzato dal fatto che, chiaramente, la figura protagonista è proprio una donna, così come sono di sesso femminile quasi tutte le altre comparse, fatta eccezione per medico e Freud.

CassaColf

Evitare di mandare il messaggio che il lavoro domestico riguardi solamente le donne – che è quello che vien fuori dallo spot realizzato da CassaColf – sarebbe stato relativamente semplice. Possiamo considerare due livelli principali; il visivo e il narrativo. Quello da modificare in modo necessario è il livello del narrato. Al posto di “sei una lavoratrice domestica” l’azienda avrebbe dovuto optare per “sei una lavoratrice o un lavoratore domestico?”, “lavori nel settore domestico?” oppure “lavori come colf?”. Cambiando anche solo questo livello, il messaggio finale dello spot sarebbe stato completamente differente, incorporando sia uomini che donne nel target inteso e comunicato ed evitando di cascare nella retorica dell’ambito come appannaggio femminile. Il fatto che CassaColf non abbia considerato questa opzione (oppure l’abbia scartata) non può che indicare che quella fatta – ossia quella di limitare il target dello spot alle donne – sia stata una scelta arbitraria e consapevole.

Quanto al livello visivo, dunque alla rappresentazione grafica, modificare questo elemento aggiungendo una figura maschile oltre a quella femminile potrebbe funzionare solo nel caso in cui il cambiamento tocchi anche la narrazione (rappresentare un lavoratore e una lavoratrice, ma poi chiedere “sei una lavoratrice domestica?” porterebbe a incoerenza e confusione comunicative). Personalmente, l’avrei ritenuta la scelta ideale e avrei particolarmente apprezzato l’utilizzo del lavoratore nella scena al supermercato con la figlia (così da aumentare le rappresentazioni genitoriali maschili e ridurre la sovra-rappresentazione della donna come mamma) ma sarei potuta passare sopra con relativa serenità sullo spot se quantomeno avesse evitato di rivolgersi esplicitamente solo alle donne, al di là della figura rappresentata. Purtroppo non è stato fatto.

CassaColf

Non c’è modo di giustificare in modo sensibile questa scelta, ancor meno in un paese con una cultura linguistica dove, sebbene il maschile sia ancora considerato inglobante del tutto (sullo stesso sito di CassaColf si parla di lavoratori, datori, iscritti con l’intento di rivolgersi a lavoratori e lavoratrici, datori e datrici, iscritti e iscritte) il femminile è relegato alla considerazione sola e unica del femminile. Io lo so, voi lo sapete e, soprattutto, CassaColf lo sa che il suo spot è rivolto unicamente alle donne, sebbene non ce ne sia motivo (il fatto che la maggioranza delle persone che lavorano nel domestico sia ancora donna non è un motivo), sia ingiusto e sarebbe stato semplicissimo estendere il target. Questo è il succo della questione.

Ultimo appunto sulla questione linguistica. Ho trovato molto interessante notare come le versioni spagnola e francese dello spot rendano la domanda iniziale in modo coerente con il titolo: al maschile (inglobante del tutto, come discutibile tradizione anche di quelle culture), senza trasformarla nel femminile che al solo femminile parla – come invece è stato fatto in Italia. Una scelta che ci racconta qualcosa.

Se volete incoraggiare CassaColf a non limitare più l’ambito del lavoro domestico alle donne nelle proprie pubblicità, e di parlare chiaramente sia alle lavoratrici che ai lavoratori, potete scrivere ai seguenti contatti.

Alla prossima e, mi raccomando, occhio agli spot!


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